1996 - STORIE DI SOLITUDINI NELL'ESTATE PERENNE D'AMENDOLA (Marcello Venturoli) |
Il caso del pittore e della pittura di Enzo Amendola è raro e appassionante: una vita passata nel sogno dell'arte visuale, come una misura, uno specchio di sè, mai o non ancora potuta attuare nella pratica, lui impegnato in altre discipline, col rigore, il metodo, la cultura che lo distinguono; fino al momento in cui il richiamo delle tele e dei pennelli fu così prepotente, che lo studioso di diritto dette tutto lo spazio necessario all'artista: con una tale felicità operativa che, esaminando adesso le sue opere, eseguite tutte nell'ultimo lustro, Enzo Amendola pare abbia dipinto da sempre: forse più come un prigioniero della società e del lavoro che come un entusiasta viaggiatore in spiagge e isole con battelli e traghetti, intimidito quasi dalle luci folgoranti del creato e dalla presenza umana, che per lui non abbia mai a diventare occasione di ulteriori fatiche e smarrimenti. Il mondo esterno, degli altri, diciamo la natura fuori casa egli possiede nella pittura di una certa vacanza o balnearità, quasi che il plain air fosse per lui addirittura una stagione estiva, una parentesi di distensione nella quale magari poter diventare meno rigidi e severi, spogliarsi degli abiti di sempre, per farsi semplici, sommari. Ma non bastano certo questi condizionamenti psicologici a determinare il "gusto" di una pittura che, nel caso di Enzo Amendola, è assai filtrato e colto. Viaggio n.4 (1993) E cominciando la lettura dei suoi lavori dal felice e compatto gruppo dei "Viaggi" dirò come emerga subito lo spessore dei problemi, i punti di partenza lontani e quasi contraddittori in una sanatoria, a mano a mano che il quadro viene elaborato: ora si assiste alla sapienza di un artista che arriva all'unità rifacendo il cammino dal realismo fotografico all'impressionismo e da Cèzanne alla purezza di Derain e dei tonalisti italiani, ora depurando con la posa naturale, fotografica per esempio, le sue inconfondibili fanciulle del traghetto, dalla recitazione di idoli sul palcoscenico novecentesco, dalle solennità classiche di un Museo che abbia citazioni obbliganti... ... In "Viaggio N. 4" il ponte si popola di personaggi del silenzio e della immobilità, nonostante siano molti tra seduti, sdraiati e in piedi, qui si fa strada con prudente sorriso la policromia; tute, giacchetti, cuscini, camicie, cassoni verniciati fanno un'iride che però resta sepolta nella nota caligine, nel sottilissimo polline d'aria che sembra filtrare la luce a chi guarda... Un secondo gruppo di opere potrebbe prendere il nome di "Spiagge e isole" e non si tratta certo di un prosieguo quantitativo degli stessi incantamenti, delle stesse tenerezze tonali e solitudini. La presenza umana nella natura ovvero la natura vissuta come una perenne domanda dell'uomo all'esistenza assume in questo nuovo ciclo, intenso e vibrante di una più ricca cromia, aspetti nuovi e suggestivi, ora in scene che posso senz'altro definire balneari, ora in scene di solitudini: nelle prime recita la suggestione della natura, con i suoi apporti più struggentemente "paesistici" nel sensibile del pittore, nelle seconde la mente col suo interiore teatro: in sostanza talune volte l'artista si limita a evocare un sito di villeggiatura, isola o spiaggia, "così com'è" quasi avesse rubato l'estasi di una giornata, di una gita, di un picnic alla gloria dell'estate (ma vedremo come Enzo non sia mai naturalista tout court), altre volte popola i suoi lidi di personaggi come se trasportasse nel plein air le figure di un dramma teatrale... Spiaggia n.1 (1993) ...Ed eccoci...al dipinto più intenso del ciclo, punto raro di equilibrio tra vero e invenzione: "Spiaggia N. 1”. Il rapporto fra spiaggia e bagnanti è quello trovato da Vallotton nelle sue spiagge; ma è perfettamente inutile fare questioni di ascendenze in un pittore così colto e avvertito come Amendola: per la convinzione con cui, intanto, egli lavora qui a tutta iride in una materia calda, vetrina, per la felicità del dettaglio, capillare ma non pupillare, per la magistrale impaginazione di questa vita di spiaggia, nudi e vestiti e tutti in azione, tanto che se mai i cinque (piuttosto una famiglia nella sua conquistata, anche se provvisoria privacy di esser soli si son proprio dimenticati. Si guardi il bellissimo taglio obliquo della spiaggia, il compatto ghiaioso arenile, su cui, ricchi di notazioni realistiche e insieme dolce emblema, maschio e femmina giacciono nudi in compagnia delle loro ombre, si guardi la ragazzina chinata, perla di notazione, nel centro perfetto di questo domenicale universo e quel mare verde come un prato. Un quadro che sembra aver atteso decenni di amore per la pittura per esser fatto dal suo inventore, un quadro che vive l'oggi per il quanto di nostalgia ecologica e morale che rispecchia e il clima di ieri per il suo scrupolo formale... ...Negli "Interni" le persone "recitano" come quelle che l'artista fa intervenire nel teatro delle spiagge, come per caso, in una combinazione apparentemente spontanea, anzi né cercata, né voluta; e invece sono simboli. In "Interno con figura" (Donna che si pettina, quadro difficile e antigrazioso, il simbolo è in re ipsa; ma è meglio che mi spieghi raccontando il dipinto. Benchè anche nel titolo i1 lavoro non corrisponda che in minima parte all'immagine di una donna che si pettina, questa c'è, bisogna trovarla riflessa nella specchiera di una toilette, un riquadro minimo, insignificante come dimensione; eppure una volta che l'abbiamo identificata, l'inerzia della scenografia di questo interno cambia: la tenda rosata, il mobile che occupa tre quarti dello spazio del quadro, la sedia in primo piano, diventano da inutili, aggressivi, sorta di prigione sconosciuta per colei che sta pettinandosi, ma non per il pittore, autore della favola o della parabola... I quadri dove la parola "museo" emerge anche dal titolo, danno, come accennavo prima, un ulteriore apporto al gusto di Amendola in una sorta di più programmatica, anche se più rischiosa ricerca. Se prima ad esprimere la condizione umana nei quadri dell'artista era lo spazio (più grande questo incombeva, più precisata era la solitudine dell'uomo, ora nella serie ultima dei dipinti all'insegna del museo, catalizza l'immagine l'archeologia, è il tempo che dialoga con la presenza umana. Passato remoto sotto forma di reperto, di maschera di statua si pone quasi a un confronto speculare, attualizza e verifica la sua bellezza e la sua immortalità con la bellezza della gioventù nel presente... ...In questa ricognizione dell'opera di Amendola in un andante monografico quale si addice, a mio avviso, ad un impegno particolarissimo (un quinquennio che specchia però sentimenti e problemi della musa pittorica dell'ampiezza quasi di una vita), oltre a un cenno sui primi dipinti che precedono nel tempo i "viaggi", dovrò spendere qualche parola sull'operazione grafica e acquafortistica dell'artista... Interno con figura (1991) ...Per quanto riguarda i disegni e le stampe, nel mio taccuino di appunti sull'opera di Amendola leggo svariate notazioni utili all'approfondimento della personalità del pittore. Secondo me i suoi disegni sono pensieri visuali talvolta autonomi dalla pittura, tal altra capaci di anticiparne soluzioni. Per es. è suggestivo il modo col quale l'artista riesce nel disegno a far cadere la crisalide fotografica (come appare anche nell'ultimo Vespignani) e lasciare intatta quella sorta di iperpresenza che aveva dato la pellicola... Nelle acqueforti, la cui classe e strategia di immagine si avvertono apprese nell'atelier del fraterno amico e maestro Giacomo Porzano, l'artista presenta notevoli numeri che vanno molto al di là di quelli di un felice mestiere. Benchè il segno dell'acquaforte si presuma sempre di più lenta e mentale gestualità, frutto dei tecnici trapassi che sappiamo, il risultato di questi primi e persuasivi lavori su lastre è quello della sintesi, della immagine colta nel suo insieme, nel peso e nello spessore della cosa vista, un tipo di fiducia nel guardare non per dipingere ma per incidere, che è per Amendola un pensare due volte... Marcello Venturoli (Catalogo della mostra della Galleria “La Vetrata”. Roma, 1996) |