1996 - VIAGGI DI MARE E D'ANIMA (Renato Civello) Stampa E-mail


Un critico di indiscussa autorità, Marcello Venturoli, presente in catalogo con una lunga e penetrante analisi, e un artista assai noto, fine ed insieme vigoroso, Giacomo Porzano, che ha dettato una lucida e affettuosa testimonianza, hanno tenuto a battesimo, si può dire, in una galleria di quelle che contano. “La Vetrata” di Roberto Lombardi, un pittore che è stato tale, a pieno titolo, sin dall’adolescenza, ma, avviato su altri complicati binari, solo ora è venuta ufficialmente alla ribalta.

Si tratta di Enzo Amendola, romano, specialista in diritto pubblico e internazionale, collaboratore assiduo delle più importanti riviste giuridiche, che già a quindici anni aveva realizzato un corpo di disegni che furono sinceramente apprezzati da Lionello Venturi. Le due attività convissero – è il termine esatto – a dispetto. Fino all’attuale mostra che è costituita soprattutto da dipinti (oli su tela) ma propone anche disegni e grafica, Amendola, che ha interrottamente coltivato la vocazione artistica non solo creativamente, in proprio, ma anche con la frequentazione di gallerie e musei italiani e esteri, non era mai uscito allo scoperto.

Ora lo ha fatto finalmente con semplicità e forza, con questo poema pieno di colori e di luce dedicato in primo luogo al mare e che porta il titolo “Storie di solitudini
Viaggio n. 6 (1993)
Viaggio n. 6 (1993)
nell’estate perenne di Amendola”. Credo che l’artista debba molto a Porzano, che peraltro lo ha iniziato alla tecnica dell’acquaforte e dell’acquatitnta.

I dipinti di Amendola dichiarano, a prima vista, il privilegio del timbro rispetto al tono; e si giudicherebbe infatti monocroma la campitura, specie nei lunghi indugi contemplativi davanti all’azzurro delle acque e dei cieli o nella raccolta annotazione di un Interno con figura, se non fosse per quella sottile migrazione luministica, per quel lieve cangiare del pigmento sullo stesso fondo di gamma, per quel diverso brivido d'aria che rivelano una pittura sapientemente costruita e totalrnente sofferta, estranea alle facili omologazioni compositive. Questi quadri sono estremamente puliti, ma, a ben riflettere, tutt'altro che fruibili in tutto solo alla prima disinvolta lettura.

Il ciclo dei Viaggi degli anni Novanta, le Bagnanti sullo scoglio, le «spiagge» sono occasioni per una sorta di transfert metafisico. Le crociere, i passaggi in traghetto, i bagni di sole, tutto l'armamentario corrente di una misura borghese è prospettiva illusoria: dietro c'e ben altro. E non inganni la castigatezza delle orditure ottico-strutturali, che sembra echeggiare il credo etico-estetico di Amendola: «Io voglio dire le cose sotto tono, ho in odio le iperboli fragorose del pennello».

Vero è, piuttosto, che le immagini del pittore, romano, tutte felicemente risolte quanto a valenze di gamma e architettura d'insieme, si vestono di significati. I suoi sono viaggi per mare, ma ancor più nelle lande sconfinate dell'animo. Sottendono sempre, come. tante delicate elegie di un Puvis de Chavanne, come tante opere dei simbolisti di Pont-Aven, da Gauguin a Bernard, de Anquetin a Sérusier, un oltre, un di più.

Renato Civello

(Secolo d’Italia, 20 marzo 1996)