1998 - ENZO AMENDOLA LOGICA DI UN VIAGGIO VERSO L'ATTUALITA' DELLA MEMORIA (Domenico Guzzi ) Stampa E-mail
Pastelli e dipinti a olio. Un unico raccordo; non sempre univoco il racconto. Raccordo, potrà forse ragionevolmente dire qualcuno, più ideologico sul piano tanto dei contenuti quanto del divenire degli esiti. Eppure, crediamo che non si dia unità più forte ed evidente che in questi pastelli e in questi quadri. Un'unità che si misura, ad esempio, sull'equilibrio di forme al tempo stesso perentorie ed interlocutorie. Che altresì si misura sulla logica a suo modo euclidea degli spazi, i quali suggeriscono una tensione. Un'unità, ancora, che si misura sulla riemersione e sulla dialettica della memoria in rapporto all'attualità. Un'unità, infine, che si adombra sull'idea di solitudine. Certo, se poi si andrà ad analizzare non foss'altro il tessuto connettivo delle immagini: propriamente si dice della qualità della materia, ci si potrà allora facilmente accorgere di quanto i pastelli — non dunque semplici disegni colorati — siano elaborati e filtrati.
Trasparenze n. 2 (1997)
Trasparenze n. 2 (1997)
Di come il tono dal pittore venga raggiunto attraverso un lavorio lento che si esprime per sovrapposizioni, per intrecci sottilissimi, per misture di timbri diversi. Là dove la pittura ad olio non prevede — o generalmente non prevederebbe — un'elaborazione cromatica direttamente sulla tela. Il che, ovviamente, non dichiara il primato degli uni sull'altra. Nei dipinti, tuttavia, il colore sembrerebbe offrirsi in chiave di eloquente stesura. Questa è chiaro, si riassume in uno spazio, in misura, in idea d'ambiente. Più suggerito ed evocato, questo, che narrato. Ambiente, in ogni caso, quale luogo di silenziose contemplazioni.

La luce, quindi. Una solarità a suo modo raggelata. Solarità nordica, nonostante le sue tensioni, per cultura per natura e per tematiche, appaiano mediterranee. Di qui potrebbe dirsi che si origini certo estraneamento. Certa separazione tra quel che il pittore osserva e la maniera in cui lo rende, trasferendolo in immagine.

C'è, dunque, quanto meno per significative obliquazioni e per quel che soprattutto attiene alla logica delle forme — ci sembrerebbe importante insistere sul temine logica, dal momento che ogni passionalità è in ogni caso stemperata in maniera evidente — una sorta di meditazione a ritroso sino, quasi, al codice di un'oggettività che viene ovviamente rivissuta in termini attuali.
Trasparenze n. 3 (1997)
Trasparenze n. 3 (1997)
I quali potranno pur essere mediati dalla nettezza di un riscontro "tecnicistico". Riscontro che si rivela non solo per esattezza di narrati, ma in taluni accenti d'ombra, ad esempio, come in certi tagli-inquadrature, in certi scorci e "piani americani" che ritmano gli equilibri. Luce che contribuisce a rendere il colore per contiguità propriamente tonali, salvo poi, ma raramente, ad insorgere un blu oltremare od un carminio quale segno di aperta e ricercata dissonanza. Per quanto detto Amendola non può esser che prossimo al vero. Per lui, infatti, pittura vuol essenzialmente significare rivivere la realtà. In tale rivisitazione, tuttavia e non sembri un paradosso, egli giunge a rasentare l'astrazione. E ciò non solo perchè le sue immagini sono sempre nette (quasi sforbiciate, al pennello non di rado affidando compito di scontornare precisamente i profili di uomini e cose), ma perchè esse sono sempre,o per lo più, particolare di un assieme. In tale estrapolazione, dunque e come osservando le forme nell'apparente inconsapevolezza delle stesse, queste non saranno che linee, masse, piani e, perciò, mere forme, appunto, di per sè significanti. Quando l'occhio giungerà a veicolare maggiormente in quell'assieme compositivo, solo allora potrà leggere la rastremazione di un racconto. La memoria, s'è accennato. Amendola per nulla fa mistero d'essere in qualche misura debitore della sua suggestione. Tanto da tradurla iconicamente in antica statua, in antico frammento. Egli pone perciò il problema di un viver dialettico. Come a sottolineare che non c'è attualità oltre la memoria. Ecco che cosa vogliono sottintendere quelle antiche immagini che sembrano per altro possedere la medesima valenza degli oggetti che con esse convivono nella spazialità del dipinto. La memoria, al fine, si attualizza. E tutto si concreta nella dimensione di un hic et nunc oltre il tempo.

Nè sfuggirà come pur in opere che non vi alludano direttamente sia sottesa in Amendola l'idea di «viaggio», termine che si legge peraltro in alcuni di quei titoli. Il viaggio ha una duplice valenza simbolica. Da un lato evoca lontananza ed avventura. D'altro canto il viaggio è pur emblema di verità, pace, immortalità; simbolo, ancora, di ricerca e scoperta di una centralità spirituale. In tale chiave è ovvio ch'esso non possa non appartenere alla visione del pittore. E che, per esser tale, si renda nella ragione d'una rinnovata ricerca di calma, la quale si ottiene per assoluta corrispondenza, proprio, di forme dello spazio. E di equilibri inequivocabilmente netti. Al di là d'ogni letteratura, c'è, tuttavia, come nei quadri titolati Trasparenze, un qualcosa di ulteriore. Il pittore figurativamente propone il tema interno-esterno. Il che, tradotto in breve, pur significa luce e controluce. E poichè non è mancata occasione di indicare una valenza a suo modo in sintonia ad un linguaggio "tecnicistico", ecco che Amendola pone fisso in un luogo il suo obbiettivo e vede il fuori per scatti e zoomate successive. Il che sollecita, una volta di più l'interagenza di forme tanto reali quanto astrattive, di locuzioni geometriche e di indicazioni d'una vetrata, rinnova l'impressione di una solarità fredda. Sino, ed è la terza tela, (Trasparenze n. 3), a render l'immagine più problematica delle altre. E' la rifrazione, infatti, e la sovrapposizione di brani di verità che, proprio perchè osservati in tal maniera, accentuano e moltiplicano la loro interlocutorietà. Nella logica serrata di uno spartito esatto che separa i singoli luoghi della tela e della narrazione. Un viaggio, infine e dunque, non già verso l'ignoto, ma verso il rammentato. Verso il codice di una naturale osmosi tra passato e presente.

Domenico Guzzi

(Catalogo della mostra alla Galleria La Vetrata. Roma, 1998)