1998 - ENZO AMENDOLA (Mario Lunetta) Stampa E-mail
ENZO AMENDOLA

La pittura di Enzo Amendola, che si fa sempre più rigorosamente metafisica e internamente interrogativa, in modi nei quali il quotidiano occulta minacce di lancinante casualità e di calma catastrofe, è la prova di quanto lontani - e anzi, contrastivi - possano risultare senso profondo della classicità e subalternità al classicismo di maniera, inclinazione di cui i nostri anni melensi sono stati prodighi ben più del necessario.
I due volti (1997)
I due volti (1997)
Anche in questa bella mostra ... Amendola punta le sue carte su un gioco di doppia finzione: quella sua, di lacerato artista del morente novecento, e quella dell'antico, rivisitato senza alcuna bava celebrativa come teste desacralizzato di una storia e dì un vissuto perduti, eppure - malgrado lo sfacelo - ancora provocatoriamente contemporanei. Emblematico in questo senso, e di straordinaria riuscita, è un olio come I due volti (1997), nel quale una giovane donna colta di profilo fronteggia, quasi senza vederla, una testa muliebre magnogreca crudelmente deteriorata. Si tratta di due impassibilità: la prima attraversata comunque da tutta una serie non detta di pensieri inquieti che affiorano appena sotto la luce tersa dell'incarnato; la seconda, fermata nella terracotta, bloccata nella sua rovina. L'effetto di dilatazione e di straniamento è fortissimo: il rapporto con la classicità è - qui, come in altri notevolissimi pezzi - non di assolutezza immobile ma di dolorosa incertezza, di enigmatico spossessamento di sé. Amendola riempie il passato museale dei nostri vacillamenti nevrotici, immergendoli in una trasparente luce marina, invasiva e medianica. Già, perché se gli interni del pittore romano adombrano quasi sistematicamente le sale di un museo, i suoi esterni si svolgono, come la suggestione di fotogrammi cinematografici violentemente raggelati, a bordo di natanti, su terrazze, su lembi di spiaggia. Nel frammento freddamente drammatico è la forza di questa pittura. I suoi sono racconti frantumati, in cui qualcosa di tremendo è appena accaduto, o sta per accadere. E in questo senso, Domenico Guzzi parla nel testo in catalogo di "logica serrata di uno spartito esatto che separa i singoli luoghi della tela e della narrazione".

Mario Lunetta

(trasmissione radiofonica “Lampi di primavera” RAI 3, maggio 1998)