1999 - L'INCANTO, IL VIAGGIO E UN TEMPO SOSPESO (Sissi Aslan) Stampa E-mail


Ecco ciò che si prova di fronte alle opere di Amendola, queste dell'ultimo biennio. Immersione totale in uno spazio e in una dimensione che si dipanano attraverso i paesaggi straniati dei mari del sud (le spiagge delle Eolie)) che mostrano tutta la loro dimensione irreale. Parlando di archetipi, ci si trova a dialogare con la quiete di un museo, o meglio, di una galleria di immagini della memoria dove il pittore costruisce il suo tempo della pittura. Perchè di ciò si tratta, di esercizi della memoria individuale, del recupero di una fisicità traslata nella coscienza che si fa osservazione e formazione di un uomo del nostro tempo, all'interno del proprio spazio reale e intellettivo.

«L'intero percorso di Amendola, mi pare, è contrassegnato da un senso acutissimo della coscienza che tutto ciò che si vede nasconde un nòcciolo di insondabilità, e addirittura tutti coloro che anelano vedere sono anch'essi marcati da una sorta di intraducibile `logos"», ha scritto Lunetta nel '96.
Battello con l'abito giallo (1998)
Battello con l'abito giallo (1998)
Amendola, evidentemente, si relaziona con il museo, il reperto archeologico, ma anche la pittura razionale quattrocentesca stravolgendone l'ambientazione e il dato emblematico. Egli riesce, infatti, a mediare la cultura conosciuta e amata, attraverso i confini naturali del suo spazio vitale e geografico. Ne ricrea la luce accecante, come se il Mediterraneo riflettesse tutto il bagliore del sole zenitale. Il pittore, e l'osservatore con lui, effettua dunque un viaggio interiore, metastorico e metafisico. «Fissità di un'immagine certa che si riflette nello specchio o colloquia con la classicità del Museo», è stato scritto da Vito Apuleo, e, quindi, piena coscienza sia del legame con la realtà sia del dato pienamente intellettuale che si muove tra l'ideazione e l'elaborazione.

«Ercole, l'isola e la fanciulla» e «Reperto sul mare», ambedue del 1998, contengono tutta la fissità di una meditazione sulla forma e sulla struttura dello spazio, vale a dire quella necessità di interiorizzazione dell'idea che trapassa della coscienza alla realizzazione. Ma tali opere, e tutte quelle che appartengono al ciclo, non dichiarato, dei «reperti antichi», evidente recupero e oggettivizzazione di una memoria non solo privata, si allineano in un contesto pittorico, storico e individuale, che, è ovvio, ha attraversato precedenti realizzazioni. «Una solarità a suo modo raggelata» - come ha dichiarato Guzzi - «Solarità nordica, nonostante le sue tensioni, per cultura, per natura e per tematiche, appaiono mediterranee», come era in certi quadri del ciclo dei Viaggi (tematica che sopravvive pur nell'arricchimento cromatico della sua paletta e formale) e nelle opere chiamate Trasparenze, che diventano mezzi per una narrazione intimista. Nei Viaggi, si inserisce il dipinto «Battello con l'abito giallo», del I998, ma anche «Sonno sul traghetto», di quello stesso anno, che dichiara didascalicamente l'interesse per l'apporto di una struttura cromatica di contrasti; in quest'ultima tela, rigorosamente intessuta di pellicola pittorica, pulita e campita per ampi spazi, la visione si concreta su uno scorcio che mostra una giovane donna addormentata sulla panchina di un traghetto, distesa su un sacco a pelo attraversato da una fascia rossa che ha tutto il merito di diventare vero fulcro della visione. Ma già precedentemente, in «Trasparenze n. 1 e n. 2» del I997, il giallo solare di una veste attraeva come una sequenza di fotogrammi di pellicola cinematografica.

La narrazione di Amendola si fa, quindi, via via, pura invenzione nella sua rielaborazione concettuale, pur rimanendo concretamente rappresentativa; ma proprio per questo, tale narrazione è la forma esemplare dell'artificio. Pittura come artificio, dunque la storia diventa pretesto. La realtà naturale viene, infatti, ricostruita in chiave seduttiva ma distraente.
Il guscio vuoto e la sdraio (1999)
Il guscio vuoto e la sdraio (1999)
Da una parte è invitante e accogliente, prova certa di un vissuto di immediata riconoscibilità, dall'altra, ogni oggetto è la metamorfosi della realtà che si fa mentale e di pura immaterialità. Si legga, a questo riguardo, la chiara definizione di Civello relativa alla visione. «E qui, nel momento stesso in cui la visione fenomenica si trasferisce nell'area della "visione visionaria'; e il racconto si fa parabola, e la struttura si colina di metafora e di ambigua passione, che i dipinti di Enzo Amendola conquistano la sorprendente valenza dell'oltre». La sua ricerca si appropria di quella storicità che parte dall'Apollo di Ueio e arriva alle ortogonali delle forme quattrocentesche del mondo classico fino alle strutture sia formali che decorative della pittura preraffaelliana e nazarena.

È unicamente un problema di traslazione degli ambienti storici, dei significati e delle modalità esecutive. L'immaginario interiore attualizza tutti i dati conoscitivi che gli appartengono, li rende narrazione del quotidiano, dialogo, visione chiara e intelligibile al mondo. È ciò che avviene nelle ultime opere, come nel pastello «Fanciulla con abito violetto», del I998 o come nei dipinti «L'abito sulla sdraio», «Il guscio vuoto e la sdraio» e «Dioniso e l'abito colorato», di quest'ultimo anno; attualizzati dalla presenza inquietante di un elemento d'abbigliamento, a fiori o a righe, indossato da una donna senza volto per il taglio dell'inquadratura, o poggiato lì, sulla sedia, in compagnia di oggetti, la testa di Dioniso o la conchiglia, o affiancato dalle braccia di una donna con le mani in movimento e il corpo escluso dallo spazio dipinto. Insieme al colore, violento e assillante, appare dunque il dato incoerente che diventa il vero protagonista della scena. È questo il vero stravolgimento di un contesto pittorico che pare stabilirsi in progress, nella stessa acquisizione della realtà. Laddove l'abito a righe sembri esaurire la concezione rappresentativa dell'artista, appaiono gli elementi distraenti, che sono poi i veri attori. E non è un caso che si possa parlare anche di teatralità delle scene dipinte da Amendola. Vera e propria quinta quella di «Ragazzo con il cane», un pastello con tempera del '98 dove l'ultimo piano, prospettico, si presenta nel vuoto assoluto che diventa materia e colore, come totem, respiro che si concretizza nel disegnare, per dirla con l'artista. E di scena costruita si dovrà ancora parlare per l'immagine di «Interno con un cane e ribaltina, dove tutto è scenografico, eccentrico, spettacolare, collocato al fine di realizzare uno spazio concluso e definito, tanto che sembra sia illuminato dalla luce affilata e artefatta di uno spot. È tanto vera questa modalità di composizione del pensiero in quanto l'impianto dei suoi dipinti è basato sempre su corpo e architettura ma anche, in ugual misura, sull'incorporeo e sull'irreale. Un po’ la magia del mondo, l'incanto di un viaggio in un tempo sospeso.

Sissi Aslan

(Catalogo della mostra alla Galleria Lombardi, Roma, 1999)