2003 - L'INTELLIGENZA D'AMORE (Giuseppe Selvaggi) Stampa E-mail
Ci sono alcune terminologie che nella pittura di oggi cominciano a diventare vuote.
La Niobide ferita n. 2 (2002))
La Niobide ferita n. 2 (2002)
Persino la parola "metafisica", "astratto" ed anche "figurativo". L'uso le ha disidratate della rugiada poetica, restando termini storici. Le parole citate potrebbero anco¬ra essere usate per indicare commozione e categoria sulla pittura di Enzo Amendola. Nella sfilata dei suoi recenti quadri, espo¬sti alla Galleria "Il Labirinto", tra le più proposite oggi, si avverte però che la pittura, quando essa è di sostanza provocatrice di emozione, in un contesto di bellezza, è definibile solo con il termine pittura.

Nelle riproposte della realtà, selezionata secondo un intento lirico e narrante, Enzo Amendola produce pittura. E massimo elogio. Certo l'analisi porta a tentare l'identificazione dello scopo del quadro, come se ne potesse avere uno. Per lui, in questa stessa pagina (mostra del 1998) usammo la definizione "inquieto sereno". C'è anche questo. Ed è un secondo elogio per Amendola. La poesia è sempre nell'ambiguità tra il sereno e l'angoscia dell'irrequietezza: essendo scavo psichico. Però ferman¬dosi dinanzi ai quadri amendoliani si avverte una comunicazione diretta, con il visitatore visivo. In galleria tale fenomeno era percepibile osservando il pensieroso sguardo di visitatori. E non è questo il successo più desiderabile per una pittura dipinta con intelligenza d'amore.

Giuseppe Selvaggi

(Il Giornale d’Italia. 11 febbraio 2003)